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Lorenzo Gatto

 

Biografia.

 

Lorenzo Gatto nasce a Palermo il 12 ottobre 1963. Dal 2006 la sua passione per la fotografia si è trasformata in professione.

Dal 2006 è fotografo della compagnia di danza L’Espace Centro Coreografico. Dal 2009 collabora con la compagnia di danza OmoniaContemporaryArts, diretta da Silvia Giuffrè. Ha al suo attivo progetti artistici con vari danzatori e coreografi della scena contemporanea italiana tra cui: Roberto Zappalà, la compagnia Palermo in Danza, diretta da Santina Pellitteri Franco, Giovanna Velardi, Giovanna Amarù, Carlomauro Maggiore, Sabrina Vicari, Alessandra Fazzino e Irénée Blin. È fotografo della piccola orchestra GliArchiEnsemble, e ha fotografato vari musicisti per l’associazione Curva Minore, diretta da Lelio Giannetto.

L’attenzione per la danza contemporanea lo ha portato a produrre  differenti progetti in cui la danza è stata fotografata per le strade di Palermo: Un Tango a Palermo (Palab, 2010); Istantes de Tango (l’Espace centro coreografico, 2013); Noi Danziamo (#091Lab, 2015, replicata allo Studio Le Regard du Cygne, Parigi); Ottagono del Sole, Madama Papier e Sentinelle con la prestigiosa partecipazione di Soimita Lupu prodotti nel 2015, Essenza ed Apparenza, quest’ultimo progetto presentato presso la galleria Bobez di Palermo nel 2017 e replicata alla galleria GADAM a san Marco d’Alunzio Messina.

Dal 2015 tre opere fotografiche si trovano presso il museo Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona in mostra permanente e dal 2017 presso il museo MACS arte contemporanea di Catania in mostra permanente un opera fotografica del progetto “Essenza ed Apparenza”

Nel 2010 fonda PalermoPhotoWorld, un’associazione che si occupa di diffondere l’arte della fotografia siciliana nel mondo. Al momento non operativa.

 

La fotografia è stata considerata da sempre - un nuovo modo di vedere, e quindi di concepire il reale – spesso condizionando i nostri modi, inconsciamente, anche con i suoi derivati: cinema, televisione, internet, cellulari; così Lorenzo Gatto ci offre la sua personale visone del mondo.

Le sue immagini fotografiche spesso in bianco nero, monocromatiche, sanno accostarsi con eleganza a quelle acqueforti antecedenti alla miracolosa invenzione del 1904 dei fratelli Lumière, offrendo un anello di congiunzione tra il dagherrotipo e le nuove tecniche digitali. I suoi scatti, più che in ogni altro, mostrano un rapporto quasi tattile e amoroso, tra il fotografo e il soggetto che filtra i segni e i significati in un'azione che si conclude nell'orgasmo del click. Lorenzo Gatto riesce a regalarci il concetto di bellezza così come era visto dai classici, variando e risolvendo in chiave moderna i canoni estetici e tipologici.

Ossessionato dalla sua città, Palermo, che ama fuori misura, la rende studio a cielo aperto, creando contrasti semantici, unendo il degrado all'eccellenza. Questo avviene in maniera chiara e sincera utilizzando la bellezza fisica del movimento, prediligendo soggetti provenienti dal mondo della danza con le loro forme pulite e lineari, contrapponendola a quelli ambienti del tutto abbandonati, della sua città, palazzi nobiliari e antichi ruderi che un tempo erano scenario di uno sfarzo fuori misura e oggi vivono nell'oblio, perdendo la loro la presenza nella memoria della gente.

Nonostante questa sua provocazione, e in taluni casi potremmo dire impegno sociale, atto a far percepire le rovine della storia come “bello”, pur non essendo una novità, trova le sue ragioni nell'insofferenza per gli oggetti tradizionali e nella ricerca conseguente di temi nuovi, al di fuori degli stili canonici, proprio per queste motivazioni i suoi scatti richiamano prorompentemente alla storia dell'arte che come la pittura o la scultura tendono ad idealizzare il corpo rendendolo veicolo indiscutibile del bello, senza l'aiuto dell'eros diviene unico protagonista che sa cambiare composizione in totale armonia.

L'opera di Lorenzo Gatto annulla del tutto le scoperte di William Henry Fox Talbot, poiché anziché rendere possibile la stampa di un numero indefinito di positivi da un negativo, da l'impressione che le sue opere siano pezzi unici e che non potranno essere riprodotti in serie, omaggiando la fotografia di quel privilegio di unicità che prima era solo destinato alle arti maggiori.  

Di Giuseppe Carli - critico d'arte

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